Con l’ordinanza n. 12495 del 18 maggio del 2017, la Terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla legittimazione passiva degli enti locali in materia di risarcimento dei danni causati da cani randagi. In particolare, i Giudici Supremi hanno evidenziato che al fine di individuare la legittimazione passiva nei giudizi de quo è necessario analizzare la normativa regionale atteso che la Legge Quadro Statale n. 281/1991 non stabilisce a priori quale sia l’ente cui spetta il compito di cattura e custodia dei cani randagi.
Il caso
Con atto di citazione ritualmente notificato, i sig.ri N.E. e S.A., in nome e per conto della figlia minore N.S., citavano in giudizio il Comune di Gela e la ASL per ottenere il risarcimento dei danni subìti dalla figlia a seguito dell’aggressione di due cani randagi. Il Tribunale di Gela accoglieva la domanda degli attori e condannava sia il Comune che la ASL al pagamento dell’importo di euro 5.680,97, oltre accessori. Avverso tale decisione i soccombenti proponevano appello. La Corte di Appello di Caltanisetta confermava la decisione del giudice di prime cure. La ASL ricorreva per Cassazione.
Nel ricorso de quo, l’Azienda Sanitaria Locale lamentava la violazione della Legge della Regione Sicilia n.15 del 2000 (attuativa della Legge Quadro Nazionale 14 agosto 1991 n. 281) la quale attribuisce ai comuni (singoli o associati, eventualmente in convenzione con enti privati o associazioni protezionistiche) il servizio di cattura dei cani randagi nonché il loro affidamento a rifugi sanitari pubblici.
La ASL faceva rilevare inoltre che, alla stregua delle disposizioni normative richiamate, ad essa la legge non affida la cattura dei cani randagi e vaganti bensì meramente compiti specialistici di natura sanitaria; con consequenziale impossibilità per la ASL di essere chiamata a rispondere per i danni causati dai randagi alla popolazione.
Come sottolineato dalla Suprema Corte nella ordinanza de qua, la Legge Quadro Statale n. 281 del 1991 non indica direttamente quale sia l’ente cui spetta il compito di catturare e custodire i cani randagi ma rimette alle regioni la regolamentazione concreta della materia. Pertanto, la normativa regionale va valutata caso per caso.
Inoltre, gli Ermellini hanno evidenziato che qualora (come avviene nel caso di specie per la Regione Sicilia) il compito di cattura e custodia dei randagi nelle apposite strutture è attributo esclusivamente ai comuni e alla ASL sono attribuiti meri compiti di controllo generale della popolazione canina, deve escludersi una qualsivoglia responsabilità della ASL per i danni causati dai cani randagi alla popolazione e affermarsi solo quella del Comune.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha accolto il ricorso della Azienda Sanitaria Locale riformando parzialmente la sentenza di primo grado; confermando così la condanna al risarcimento dei danni nei soli confronti del Comune.
In parole povere..
La Legge Quadro Statale n. 281/1991 non indica puntualmente l’ente cui spetta il compito di cattura e custodia dei cani randagi (Comune o ASL) ma rimette alle Regioni la regolamentazione della materia, ovvero va consultata la regolamentazione regionale. Pertanto l’ente responsabile va individuato caso per caso.